Riduzione del calore corporeo
Per poter sopravvivere alle lunghe giornate e nottate invernali, i cervi hanno sviluppato delle strategie per risparmiare energia. In inverno il metabolismo energetico del cervo è estremamente ridotto. Gli organi, soprattutto l’apparato digerente, si rimpiccioliscono. A causa della scarsità di cibo e della sporadicità dei pasti, la capacità del rumine si riduce di circa il 20 – 25 % e i villi ruminali si ritraggono. Occorrono così meno energie per mantenere in funzione il sistema metabolico.
Durante la stagione fredda, i cervi sono inoltre in grado di rallentare il battito cardiaco e di abbassare la temperatura corporea (cfr. Ill. 1). In pieno inverno la loro pulsazione media è inferiore del 60 % alla massima annuale, toccata a inizio giugno. Possono in questo modo risparmiare notevoli riserve di energia.
Al limite del congelamento
In pieno inverno, quando le riserve di grasso vanno lentamente consumandosi ma le notti rimangono rigide, il cervo ha ancora un altro modo per risparmiare energie. Può infatti ridurre al minimo l’irrorazione sanguigna degli arti e delle parti esterne del tronco, facendo drasticamente scendere la temperatura corporea solo in questi punti (cfr. Ill. 2: Variazioni della temperatura corporea nel cervo). Contrariamente al vero e proprio torpore invernale, questa condizione di stand-by può durare fino a 9 ore, ma consente all’animale un risparmio energetico del 13 – 17 %.
Bisogno di sicurezza
I cervi adottano questa misura di risparmio energetico solo se si sentono in sicurezza. Quando cadono nel torpore invernale, la loro capacità di fuga è infatti ridotta. Durante lo svernamento, gli effetti di ogni disturbo sono dunque molto più gravi di quanto finora ipotizzato non solo per i cervi, ma, c’è da supporre, anche per altri ungulati.